di Dario Marchetti

Quando uscì ormai più di dieci anni fa, nel febbraio del 2007, Crackdown fece una preziosa sintesi tra diverse anime del mondo open-world, mescolando lo scenario cittadino (e la guida dei veicoli) di Grand Theft Auto con le fantasie di potere fino a quel momento viste in Hulk: Ultimate Destruction e, di lì a breve, in Prototype. Invece di un criminale o di un supereroe, Crackdown ci metteva nei panni di un Agente, un superumano capace di superare palazzi con un salto e lanciare automobili come fossero palline da tennis. Un’idea brillante che però era già invecchiata male tre anni dopo, per il sequel. E che certo non spicca per originalità nel 2019, con l’uscita di Crackdown 3 su Xbox One e PC. Ma andiamo per ordine.

Lo sviluppo di Crackdown 3 non è certo stato dei più sereni: la prima data d’uscita, prevista per il 2016, è stata spostata prima a fine 2017, poi al 2018 e, infine, al 2019. Rinvii che sono sintomo dei tentativi di salvataggio di un gioco che, almeno nei piani, avrebbe dovuto rappresentare il fiore all’occhiello della tecnologia di casa Microsoft. Sfruttando la potenza di calcolo del cloud Azure, una delle armi più affilate di Redmond, Crackdown 3 avrebbe dovuto sfoggiare una distruttibilità degli ambienti mai vista prima, dando ai giocatori il potere di rimodellare il mondo di gioco a proprio piacimento. Un nobile intento che però, una volta venuto meno, ha catapultato il titolo in un pantano, costringendo gli sviluppatori a salvare il salvabile.

Ecco che allora il Crackdown 3 che ci ritroviamo tra le mani è un gioco molto diverso. Un gioco anche molto divertente e godibile, semplicemente uscito fuori tempo massimo. Stavolta, sempre nei panni di un agente, dovremo sgominare una multinazionale che ha mandato il mondo intero in blackout. A colpi di supercazzotti, armi ed esplosivi dovremo far fuori, uno per uno, le figure di questo organigramma del male: dalle stazioni della monorotaia ai blocchi di sicurezza, ogni luogo conquistato sulla mappa ci porterà più vicini all’obiettivo da far fuori. E come in passato, anche stavolta il potenziamento dell’Agente che andremo a impersonare avverrà attraverso un semplice meccanismo: più prendi i nemici a pugni, più aumenterà la tua forza, più tempo passerai al volante, meglio saprai guidare e così via. Fa eccezione solamente l’agilità, da aumentare raccogliendo orbi luminosi di colore verde sparsi sui tetti della città.

Città che risulta molto blanda nel suo design, pur valorizzato dallo stile pseudo cell shading che da sempre è uno dei marchi di fabbrica della serie. E nella quale la distruttibilità (fuori dal divertente multiplayer Wrecking Zone) è praticamente non pervenuta, se non per pochi, prevedibili elementi, come un barile di carburante o un’auto da scagliare contro il malcapitato di turno. Detto ciò, nei toni e nei modi risulta tutto così esagerato che ogni tanto tocca ricordarsi che per fortuna Crackdown 3 si prende molto poco sul serio, grazie anche alla mai troppa presenza, in forma di voce e fattezze, dell’ottimo Terry Crews. E che alla fin fine la vita da superumano videoludico non necessita per forza di grandi contorni filosofici. Resta però l’amaro in bocca per un titolo che sulla carta avrebbe dovuto rivoluzionare un genere e che invece ha finito per ripetere se stesso, con poche, gradevoli, migliorie. Un gioco di medio budget che in questo mercato sempre più polarizzato, diviso tra indie e produzioni colossali, risulta un ottimo scacciapensieri. Oltre che una bella vetrina per il “Netflix dei videogiochi”, quell’Xbox Game Pass su cui Microsoft sta (giustamente) puntando moltissimo.