E3 2017, i sei annunci più importanti

di Dario Marchetti

Come ogni anno, a Los Angeles è arrivato il momento dell’Electronic Entertainment Expo, per gli amici E3. Questa fiera mondiale dei videogiochi è l’occasione perfetta per i publisher di sfoggiare i titoli che giocheremo nei prossimi mesi e nei prossimi anni, in una feroce gara a chi è mette in piedi lo spettacolo migliore. E visto che i videogiochi di cui tenere conto sono davvero troppi, ecco i cinque annunci che (secondo noi) hanno davvero lasciato il segno.

Continua a leggere

Wipeout Omega Collection, a rotta di collo verso la nostalgia

di Dario Marchetti

Quando si parla di “remaster”, ovvero di vecchi videogiochi ripubblicati dopo una corposa revisione nel comparto grafico (ma non solo), ci sono due alternative: quelli che finiscono per riproporre titoli poco interessanti oppure già usciti su ogni piattaforma possibile immaginabile (vedi alla voce: Resident Evil 4), e quelli che pescano con saggezza nel cassetto della memoria, riportando in auge giochi (e a volte generi) quasi dimenticati. E non ci sono dubbi che appartenga al secondo caso la Wipeout Omega Collection, riedizione di tre titoli della gloriosa saga di corse futuristiche nata in casa Sony.

Continua a leggere

Everything, se un videogioco finisce candidato all’Oscar

di Dario Marchetti

Prima o poi doveva succedere: un videogioco rischia di finire in nomination agli Academy Awards, meglio conosciuti come premi Oscar. Ma cosa c’entra un videogame con il mondo del cinema? Abbastanza, se di mezzo c’è David O’Reilly, artista visuale irlandese che nel 2014 si è messo in testa di iniziare a creare esperienze interattive. Dopo Mountain del 2014, un gioco nel quale non si può far altro che fissare una montagna digitale, ricevendo in cambio massime di ogni tipo, O’Reilly ha portato avanti il suo esistenzialismo virtuale con Everything, un titolo nel quale noi giocatori possiamo, letteralmente, diventare qualsiasi cosa, da un microscopico batterio fino a un’intera galassia. Vorrei ci fosse un modo più efficace di spiegarlo, ma è davvero tutto qui. Giocare per credere.

Continua a leggere

Il futuro horror di The Surge, l’ultimo epigono di Dark Souls

di Dario Marchetti

Come vi avevamo raccontato, la fine della saga di Dark Souls ha creato un grande vuoto nello scenario videoludico. Con decine di sviluppatori che già da tempo stanno tentando di replicare il successo di questo franchise con variazioni sul tema più o meno riuscite. Tra questi i tedeschi di Deck 13, che dopo il primo esperimento chiamato Lords of the Fallen ora ci riprovano con The Surge, praticamente un Dark Souls in chiave futuristica.

Continua a leggere

Injustice 2, se i videogiochi raccontano meglio dei film

di Dario Marchetti

Tra i tormentoni di questi ultimi anni ci sono senza dubbio i cinecomics, quei kolossal hollywoodiani a tema supereroi tratti dai celebri fumetti targati Marvel e DC. Nonostante le uscite a getto continuo, il pubblico sembra non averne mai abbastanza, le case di produzione godono di incassi praticamente assicurati e materiale da cui pescare per scrivere sequel dopo sequel è virtualmente infinito. La realtà però è che non tutti questi film sono capolavori veri e propri, con poche perle (sto dicendo a te, James Gunn) in mezzo a tanti prodotti dimenticabili. E se in casa Marvel la situazione è migliore, non si può dire lo stesso della DC Comics. Che eccezion fatta per la trilogia del Cavaliere Oscuro di Nolan, sta incassando un flop dietro l’altro.

Ma lì dove il fior fiore degli sceneggiatori ha fallito, sembra invece aver centrato il bersaglio un videogioco. Per di più un picchiaduro. Il nome è Injustice 2, ultima fatica di quei Netherealm Studios guidati da Ed Boon, il papà della saga di Mortal Kombat. Appena uscito come sequel del titolo pubblicato nel 2013, chiamato Injustice: Gods Among Us. Questo videogame prende vita in una linea temporale alternativa nella quale, a causa del Joker, il prode Superman ha ucciso per errore la moglie Lois Lane, per giunta incinta. L’Uomo d’Acciaio finisce per impazzire, diventando un dittatore pronto a soggiogare tutto, e tutti, pur di portare la pace assoluta sulla Terra, anche a costo di sopprimere ogni libertà. Dopo anni di lotta, una resistenza tenace guidata da Batman riesce a sconfiggere il kryptoniano e ristabilire la normalità, ma, udite udite, una nuova minaccia si staglia all’orizzonte.

Ed è qui che prende piede la narrativa di Injustice 2, che fa dello storytelling interattivo proprio uno dei suoi punti di forza. A differenza dei soliti picchiaduro infatti, la modalità storia non è una semplice sequenza di scontri, ma un susseguirsi di capitoli che seguono diversi fili della trama e quindi diversi personaggi, ognuno coi suoi obiettivi e i suoi nemici. Il risultato è un viaggio in questa versione tutti-contro-tutti dell’universo DC, con eroi e cattivi che finiscono spesso per scambiarsi i ruoli, dando vita a scenari piacevolmente imprevedibili.

Ma soprattutto Injustice 2 è la dimostrazione che oggi i videogiochi sanno e possono raccontare grandi storie, spesso facendolo meglio di altri medium. E proprio lì dove i cinecomic DC hanno fallito, trasformando grandissime storie (come Il Ritorno del Cavaliere Oscuro) in lunghe torture dai risvolti tragicomici (vedi Batman v Superman: Dawn of Justice), il gioco di Ed Boon e compagni riesce a interpretare il cuore di questi personaggi, dandogli una sfumatura tutta propria, indipendente persino da quella già vista nelle pagine di carta. C’è da dire poi che la stessa saga di Injustice è diventata anche un fumetto, che ha avuto il compito di raccontare tutto ciò che succede tra un videogioco e l’altro. Un vero e riuscito esperimento di narrazione transmediale, che rende tutti i personaggi da Batman ad Harley Quinn, da Joker a Freccia Verde, molto più credibili delle loro controparti televisivo-cinematografiche (ad eccezione del compianto Heath Ledger).

Ma concentriamoci anche sul resto di Injustice 2. Il gameplay è solido come una roccia, accessibile ai neofiti e sufficientemente complesso per i veterani. Per svecchiare la struttura dei picchiaduro gli sviluppatori hanno introdotto il “gear system”: partita dopo partita i giocatori potranno ottenere nuovi pezzi di armatura per i 28 personaggi giocabili, andandone a modificare le abilità ma anche l’aspetto. Una novità che aggiunge un po’ di pepe alle sfide e consente agli appassionati di dare al proprio eroe (o supercattivo) un nuovo costume ispirato a uno dei tanti momenti della sua lunga carriera. Con tanto di contenuti provenienti da Wonder Woman, film appena uscito nelle sale, oppure dagli ultimi numeri, freschi di stampa, dei fumetti DC.

Graficamente parlando Injustice 2 si difende benissimo anche su console, con animazioni fluide soprattutto in campo facciale: ascoltare i personaggi dirsene di ogni colore prima di darsele di santa ragione è reso ancora più divertente dalla loro espressività al limite del fotorealismo. Peccato solo per la presenza un po’ troppo massiccia di microtransazioni: i pezzi di armatura si ottengono aprendo dei “forzieri” ottenuti giocando, ma che possono essere acquistati utilizzando denaro vero. Poco male, visto che non si tratta di un obbligo. Eppure in un titolo che viene venduto a prezzo pieno, e per il quale sono già previsti personaggi da acquistare a parte, ci sarebbe piaciuto non incappare in ulteriori meccaniche mangiasoldi.

 

Prey, un delirio fantascientifico tra Philip Dick e art decò

di Dario Marchetti

Spesso dietro il citazionismo si nasconde una totale mancanza di idee, finendo così per saccheggiare senza pietà il lavoro di altri mentre ci si maschera da intenditori. Un pensiero che a prima vista potrebbe valere per Prey, nuovo titolo di Arkane Studios (quelli dell’ottima saga di Dishonored) che dai primissimi minuti di gioco sembra pescare (un po’ troppo) a piene mani da capisaldi come Half-Life, System Shock 2 e Bioshock. In particolare con questi ultimi due condivide un’ambientazione confinata ma labirintica, la presenza di elementi da gioco di ruolo e un’impostazione da sparatutto che però lascia spazio anche a tattiche meno violente, come la furtività e l’hacking. Continua a leggere

Buon compleanno Overwatch sparatutto alla portata di tutti

 

di Dario Marchetti

Se stessimo parlando di un normale sparatutto, di quelli ambientati in qualche scenario di guerra passata o futura, festeggiarne il primo compleanno non avrebbe molto senso: il mondo degli fps, ovvero first person shooter, è fatto di sequel sfornati a ciclo continuo con l’obiettivo di mantenere alta l’attenzione dei fan, convincendoli così a comprare anche il prossimo episodio. Non è questo il caso di Overwatch, sparatutto nato in casa Blizzard (quelli di World of Warcraft, Stacraft e Diablo, per intenderci) che il 24 maggio festeggia un anno di vita. E lo fa con risultati a dir poco strabilianti: in meno di 365 giorni la base attiva di giocatori ha infatti superato quota 30 milioni in tutto il mondo. Una cifra ancora più incredibile se si pensa che Overwatch non è un titolo “free to play”, di quelli giocabili gratuitamente, ma un normale videogioco da acquistare a prezzo pieno.

Continua a leggere

Edith Finch e Little Nightmares, due piccole grandi storie digitali

 

di Dario Marchetti

Spesso siamo abituati a valutare i videogiochi in termini di budget, potenza grafica o numero di ore giocabili, convinti che elementi come longevità e comparto visivo siano sufficienti per etichettare un titolo come meritevole di essere giocato. Per fortuna a sfatare questo mito arrivano sempre più spesso dei piccoli grandi giochi in grado di distrarci per qualche attimo dalle produzioni in stile “kolossal”, raccontandoci storie brevi, certo, ma non per questo meno valide rispetto ad altre.

Continua a leggere

Persona 5, se il Giappone pop-punk indossa la maschera di Jung

 

di Dario Marchetti

Persona 5

Da Dungeons & Dragons in poi, l’espressione “gioco di ruolo” è rimasta indissolubilmente legata al mondo fantasy, quello fatto di cavalieri e draghi, orchi e stregoni, spade e magia. Fortuna però che ogni tanto, e con risultati felici, nel mondo videoludico il genere riesce a sfondare lo steccato per correre libero nelle praterie di qualche altra ambientazione. E’ il caso di Persona 5, ultimo episodio di una lunga saga che in Giappone (ma non solo) ha da tempo raggiunto lo status di cult assoluto. E che tra giovani adulti, citazioni pop, design punk e una strizzatina d’occhio alla cara vecchia psicologia, tira fuori un incredibile ritratto interattivo dell’adolescenza contemporanea. In Giappone, certo, ma non solo.

Continua a leggere