di Dario Marchetti
Impossibile immaginare il mondo dei videogiochi senza il talento visionario di Hideo Kojima, papà della longeva e gloriosa saga di Metal Gear, che dal 1987 è stata pubblicata dal colosso nipponico Konami. Purtroppo nel 2015, contestualmente all’uscita di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, alcune differenze creative (tanto per usare un eufemismo) hanno portato Kojima e Konami a un divorzio molto doloroso. Il maestro ora lavora a Death Stranding, altra perla visionaria che vede la partecipazione di talenti cinematografici come Guillermo Del Toro, Norman Reedus (il Daryl Dixon di The Walking Dead) e Mads Mikkelsen. Konami, forte dei suoi diritti sul brand, ha appena pubblicato Metal Gear Survive, uno spin-off che, ci scommettiamo, promette di far infuriare i fan di Snake e Big Boss. Vediamo perché.
Vite parallele
Survive non fa parte del “canone” ufficiale della narrativa di Metal Gear, ma piuttosto preferisce uno approccio in stile “what if”. Del tipo: cosa sarebbe successo se, sul più bello della storia di MGS V si fosse aperto un buco spazio-temporale sulla base di Big Boss, trascinandola in una dimensione parallela desertica e popolata da zombie? Un’idea strampalata ma al punto giusto, tale da giustificare l’assurdo in una saga che ha fatto dell’assurdo la sua cifra stilistica. E che riesce da subito ad allontanare Survive dal tenore “sacro” delle opere firmate Kojima, rendendolo un prodotto più spensierato e meno feticcio.
Lasciate ogni speranza, voi ch’intrate
Nella dimensione parallela di Dite (la prima di innumerevoli citazioni dantesche) il primo obiettivo è, ovviamente, sopravvivere. O almeno farlo abbastanza a lungo da trovare una via verso casa. Nei panni di uno dei soldati finiti nel buco spazio-tempo ci toccherà esplorare le lande desertiche alla ricerca di alleati, materiali e informazioni lasciate da chi ci ha preceduto nell’esplorazione. I nemici sono i Wanderers, solita variazione sul tema zombie, facili da gestire uno a uno ma temibili in gruppo. Il gameplay, così come motore grafico e asset di gioco, è stato mutuato in gran parte da MGS V. A fasi più tradizionali di azione furtiva si alternano infatti quelle gestionali, ovvero di manutenzione ed espansione del campo base, e quelle di difesa, con inferriate, trappole e altri aggeggi da piazzare strategicamente per difendere un obiettivo dall’attacco di una folta orda di nemici. Oltre, come suggerisce il nome, alle meccaniche di sopravvivenza, con sete, fame, malattie e quantità di ossigeno da tenere costantemente sott’occhio, pena la debilitazione o peggio la morte.
Il fardello del maestro
Dobbiamo essere sinceri: nonostante alcuni difetti evidenti, Metal Gear Survive ci ha divertito non poco, sia in modalità giocatore singolo che cooperativa online. Certo, il gioco rischia di risultare alla lunga ripetitivo, a volte frustrante e persino tedioso, a causa dei timer di fame e sete sempre lì, pronti a ricordarci della nostra umana caducità. E l’assenza di Kojima risulta evidente soprattutto nel comparto narrativo, manchevole di quella lucida follia che aveva contraddistinto la saga soprattutto da Metal Gear Solid in poi. In fondo Survive non è e non sarà l’ultimo spin-off della saga. Ma visto il peso di questa grande eredità, forse non sarebbe stata una cattiva idea progettarlo lontano dall’universo di Kojima, con una storia e un’identità tutta sua. Alcuni difetti sarebbero rimasti, ma forse molti duri e puri non lo avrebbero snobbato per partito preso. Noi, che abbiamo ignorato gli stereotipi e lanciato il cuore oltre l’ostacolo, ci siamo divertiti non poco. E visto anche il prezzo, 40€ contro i 70€ di media del mercato, ci sentiamo di dare a Survive una chance di sopravvivenza.