Hollow Knight e Dead Cells, due filosofie ludiche da scoprire su Switch

 

di Dario Marchetti

Non potendo competere in termini di potenza con le altre console, la Switch di Nintendo si è da subito posizionata su un segmento diverso, puntando come al solito sui titoli prodotti interamente dalla casa di Kyoto e sulle migliaia di titoli indie in circolazione, molti dei quali perfetti per le capacità, e peculiarità, di questa macchina ibrida. Tra questi ce ne sono in particolare due, Hollow Knight e Dead Cells, entrambi non nati su Switch ma che proprio sulla console Nintendo hanno incontrato un successo straordinario. Due titoli che, a modo loro, reinterpretano due dei filoni più popolari degli ultimi anni, i metroidvania e i roguelike, con in comune una cura maniacale, quasi amorevole, per ogni minimo dettaglio.

Hollow Knight, firmato dagli australiani di Team Cherry, è a tutti gli effetti un metroidvania (dai due titoli capostipite Super Metroid e Castlevania: Symphony of the Night), ovvero un gioco bidimensionale a scorrimento, con una gigantesca mappa esplorabile e potenziamenti da sbloccare man mano che si avanza, utili nel combattimento ma anche per accedere ad aree inizialmente a noi precluse. Quello che sconvolge di Hollow Knight è prima di tutto l’atmosfera cupa, malinconica, con uno stile visivo inquietante e allo stesso tempo ipnotico. Tutto, dagli sfondi ai personaggi passando per le animazioni, sembra prendere vita come da un foglio di carta, disegnato quasi in tempo reale sullo schermo. I metroidvania sono in genere giochi molto “solitari”, con un protagonista silenzioso e solo mostri aggressivi a farci da compagnia. Hollow Knight segue questo trend ma con qualche riserva, regalandoci anche nemici e comprimari dotati di un’anima, una storia, legata a doppio filo a quella del mondo di gioco, ormai corrotto e decadente. Senza dimenticare il fattore sfida: il sistema di combattimento è bello tosto, con posizionamenti che richiedono precisione millimetrica, un sistema di potenziamento modulabile a piacimento e una buona dose di possibilità strategiche, tra cura e attacchi speciali. Alcune sezioni finali del gioco faranno perdere la calma anche ai giocatori più navigati. Ma spendere decine e decine di ore nel mondo di Hollow Knight è una delle esperienze da non perdere, soprattutto per chiunque abbia una Switch tra le mani.

L’altra faccia della medaglia è Dead Cells, vergato dai francesi di Motion Twin, venuto alla luce dopo un lungo periodo di gestazione sottoforma di early access. Qui siamo di fronte a un roguelite, cioè ispirato ai principi del buon vecchio Rogue (livelli diversi a ogni partita, perdita di progressi a ogni sconfitta, etc.), ma con una formula più moderna. Sì perché ogni volta che si muore, in Dead Cells si ricomincia da capo. Ma non per questo da zero: parte dei progressi accumulati, in particolare certi potenziamenti, traghettano nella partita successiva. A differenza di Hollow Knight, qui la parola d’ordine è rapidità: ogni nuovo inizio porta con sé sfide diverse, chiedendo a noi giocatori di adattarci di conseguenza per uscirne indenni e arrivare, con un singolo tentativo, fino al boss finale. Se il gioco di Team Cherry richiede esplorazione e pazienza, Dead Cells punta tutto sul mordi e fuggi, partite più o meno rapide da portare a termine in qualsiasi momento, senza troppi fronzoli. Lo stile grafico passa dal disegno a mano ai cari vecchi pixel, e al posto di un mondo malinconico ne troviamo uno sì oscuro, ma condito da una buona dose di sarcasmo e autoironia.

Insomma, due facce di una medaglia che dimostrano come, anche su uno schermo più piccolo e su una macchina meno potente, non si debba rinunciare a titoli di altissima qualità. E che anche giocare nei ritagli di tempo non significa dedicarsi per forza a qualche giochino da smartphone. Non quando ci sono piccoli capolavori del genere in circolazione.

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