L’analisi
La conoscono solo gli addetti ai lavori ma c’è un’azienda di Taiwan che produce i chip di quasi tutti gli smartphone, i pc e le auto del mondo. Si tratta della Taiwan Semiconductor Manufacturing (Tsmc), un vero e proprio colosso mondiale da cui dipendono, in parte, le sorti della ripresa economica globale. Ci sono miliardi di device che utilizzano i chip prodotti da questo gigante della tecnologia anche se noi conosciamo solo i marchi degli smartphone e dei pc, come Apple o Qualcomm.
Tsmc è diventata negli ultimi anni la più importante azienda di semiconduttori al mondo, con un’enorme influenza sull’economia globale. Ha una capitalizzazione di mercato di circa 550 miliardi di dollari ed è l’undicesima azienda più ricca al mondo.
Tuttavia, il suo dominio lascia il mondo in una posizione di vulnerabilità. Poiché queste tecnologie richiedono chip di una complessità gigantesca in un contesto geopolitico tutt’altro che tranquillo. Tsmc ha sede sull’isola di Taiwan che è diventata un punto focale delle tensioni tra gli Stati Uniti e la Cina che rivendica Taiwan come propria.
Gli analisti – spiega il Wall Street Journal – affermano che sarà difficile per altri produttori recuperare il ritardo accumulato in un settore che richiede ingenti investimenti di capitale. E Tsmc non può produrre abbastanza chip per soddisfare tutti. Un fatto che è diventato ancora più evidente nell’ultimo periodo con una carenza di offerta che sta provocando impennate inflazionistiche su tutto il pianeta e licenziamenti soprattutto nell’industria dell’automotive.
Gli esperti paragonano tale situazione a quella di qualche anno fa quando il mondo dipendeva dal petrolio mediorientale. Oggi qualsiasi instabilità sull’isola minaccia di ripercuotersi in tutti i settori della componentistica globale.
Durante il primo trimestre di quest’anno, secondo la società di ricerca sui semiconduttori taiwanese TrendForce, le aziende di Taiwan, compresi i produttori più piccoli, hanno generato circa il 65% dei ricavi globali per la produzione di chip in outsourcing. Tsmc da sola ha realizzato il 56% del fatturato globale. Essere dipendenti dai chip taiwanesi “rappresenta una minaccia per l’economia globale”, ha scritto di recente la società di ricerca Capital Economics.
Tsmc, che è quotata a Wall Street, lo scorso anno ha registrato un utile di 17,6 miliardi di dollari e ricavi di circa 45,5 miliardi di dollari.
La sua tecnologia è così avanzata, ha evidenziato Capital Economics, che ora produce circa il 92% dei chip più sofisticati al mondo, con transistor che sono meno di un millesimo della larghezza di un capello umano. Samsung Electronics fa il resto. La maggior parte dei circa 1,4 miliardi processori per smartphone in tutto il mondo sono realizzati dalla società taiwanese.
Secondo IHS Markit, il gruppo produce il 60% circa dei microcontrollori di cui i produttori di automobili hanno bisogno per produrre veicoli sempre più automatizzati.
Tsmc ha spiegato che la quota di mercato di microcontrollori è pari a circa il 35%. Anche se la portavoce dell’azienda Nina Kao ha negato tale dipendenza.
Gli Stati Uniti, l’Europa e la Cina sono impegnate a ridurre la loro dipendenza dai chip taiwanesi. Secondo Boston Consulting Group se gli Stati Uniti sono ancora leader mondiali nella progettazione di chip con giganti come Intel, Nvidia e Qualcomm, tuttavia rappresentano solo il 12% della produzione mondiale, in calo dal 37% nel 1990.
Il piano infrastrutturale del presidente Biden – ricorda il Wsj – prevede 50 miliardi di dollari per aiutare a incrementare la produzione nazionale di chip. La Cina ha fatto dell’indipendenza nella produzione di semiconduttori un principio fondante del suo piano strategico nazionale. L’Unione europea ha l’obiettivo di produrre almeno il 20% dei chip di prossima generazione nel 2030 come parte di un progetto riguardante l’industria digitale da 150 miliardi di dollari.
A marzo, Intel ha annunciato un investimento di 20 miliardi di dollari per due nuove fabbriche di chip negli Stati Uniti. Ma allo stesso tempo il gruppo Usa dipende da Tsmc e la sua capitalizzazione è di circa 225 miliardi di dollari, meno della metà di quella del gruppo di Taiwan.
Recentemente, proprio per venire incontro alla domanda globale, Tsmc ha affermato di aver intrapreso azioni senza precedenti e di aver aumentato la produzione di microcontrollori per auto del 60% rispetto al 2020.
Eppure secondo gli analisti difficilmente Tsmc, grazie alle grandi disponibilità finanziarie di cui dispone, creerà a breve una catena di fornitura di semiconduttori più diversificata. I semiconduttori infatti sono diventati così complessi e costosi che una volta che un produttore resta indietro, è difficile che riesca a recuperare il ritardo. Le aziende possono spendere miliardi di dollari e anni in questo tentativo.
Una singola fabbrica di semiconduttori può costare fino a 20 miliardi di dollari. Uno strumento di produzione per la realizzazione di chip per circuiti complessi sul silicio costa fino a 100 milioni di dollari, richiedendo diversi aerei per la consegna. I piani di espansione di Tsmc prevedono investimenti di 100 miliardi di dollari nei prossimi tre anni. E secondo la società di ricerca sui semiconduttori Vlsi Research, si tratta di quasi un quarto della spesa dell’intero settore.
Altri paesi dovrebbero spendere almeno 30 miliardi di dollari all’anno per almeno cinque anni “per avere una ragionevole possibilità di successo” nel mettersi al passo con Tsmc e Samsung, ha scritto la società di ricerca IC Insights, in un recente rapporto.
Recentemente inoltre è salita la possibilità di un conflitto dopo l’aumento dell’attività militare cinese vicino a Taiwan. Un evento condannato anche dall’ultimo G7. Tuttavia, molti analisti ritengono che la Cina non tenterà di rivendicare Taiwan nel prossimo futuro proprio grazie ai chip. La mossa infatti potrebbe interrompere la fornitura di tecnologia.
I leader politici taiwanesi chiamano l’industria dell’isola lo “scudo di silicio”, che aiuta a proteggere lo Stato dalle velleità espansionistiche di Pechino.
Forse anche per questo, il governo di Taiwan ha dato sussidi all’industria dei chip nel corso degli anni.
Sempre secondo la portavoce di Tsmc, Kao, il successo dell’azienda però deriva dall’essere nel posto giusto al momento giusto, con un modello di business vincente. Sebbene il governo di Taiwan abbia svolto un ruolo cruciale nel finanziare gli investimenti, ha affermato, la società non riceve sussidi.
Quando Morris Chang fondò Tsmc nel 1987 con l’idea che più aziende di chip avrebbero esternalizzato la produzione a impianti di fabbricazione, o “fabs”, in Asia, il successo era tutt’altro che assicurato. Chang, che ora ha 89 anni ha trascorso i suoi primi anni nella Cina continentale e a Hong Kong prima di trasferirsi negli Stati Uniti nel 1949 per frequentare l’Università di Harvard e poi il Massachusetts Institute of Technology. Ha trascorso quasi tre decenni a lavorare negli Stati Uniti, trascorrendo la maggior parte della sua carriera alla Texas Instruments.
Quando è stata fondata Tsmc, giganti come Intel e Texas Instruments progettavano, marchiavano e realizzavano i propri chip. Con il governo taiwanese che ha fornito circa la metà del finanziamento iniziale, Tsmc ha guadagnato terreno posizionandosi come la Svizzera dei semiconduttori. Aziende come Nvidia e Qualcomm hanno scoperto che, trasferendo la produzione a Tsmc, potevano focalizzarsi maggiormente sul design senza il fastidio di gestire le proprie fabbriche o preoccuparsi di cedere la proprietà intellettuale a un concorrente per la produzione. Amd ha venduto i suoi impianti di fabbricazione ed è diventato uno dei maggiori clienti di Tsmc, così come altri importanti gruppi, fino a quando non sono rimasti solo pochi produttori di chip.
L’azienda di Taiwan ha raddoppiato la ricerca e lo sviluppo, anche durante la crisi finanziaria globale del decennio scorso. Nel 2009 mentre le altre società tagliavano, Chang ha aumentato gli investimenti del 42% a 2,7 miliardi di dollari, affinando le capacità giusto in tempo per il boom degli smartphone.
Nel 2013 c’è stata la vera e propria e svolta quando l’azienda ha iniziato a lavorare sulla produzione di massa di chip per gli smartphone della Apple, ora suo maggior cliente. Prima di allora, Samsung, che aveva i propri smartphone, era stato il fornitore esclusivo di microprocessori per iPhone.
Per soddisfare il primo ordine di Apple, Tsmc ha speso 9 miliardi di dollari, con 6.000 persone che hanno lavorato 24 ore su 24 per costruire una fabbrica a Taiwan in un tempo record di 11 mesi. Tsmc è ora il fornitore esclusivo per i principali processori degli iPhone.
Nel 2014 quando ha intensificato gli sforzi per chip all’avanguardia, ha riorganizzato il team di ricerca e sviluppo facendolo lavorare 24 ore al giorno.
Il gruppo ha puntato molto sulla litografia ultravioletta estrema (Euv), una tecnologia che utilizza un nuovo tipo di laser per intagliare i circuiti nei microprocessori riducendo la larghezza rispetto a quelle precedentemente possibili e consentendo ai chip di funzionare a velocità più elevate.
Intel è stato il maggior investitore iniziale in Euv, con oltre 4 miliardi di dollari investiti nel 2012. Ma è stato anche più lento dei suoi rivali nell’adozione della tecnologia e più scettico sul fatto che avrebbe funzionato. Alla fine, Intel ha considerato che era una scommessa più sicura cercare di migliorare i modi esistenti di gestire la litografia.
E così con la tecnologia Euv, Tsmc è diventata una delle due società, con Samsung, a realizzare i chip più avanzati con i transistor più piccoli possibili che sono utilizzati sui migliori smartphone di tutto il mondo.
Man mano che Tsmc diventava più dominante, è stato sempre più difficile mantenere il suo ruolo neutrale nel settore, soprattutto con l’aumentare delle tensioni tra gli Stati Uniti e la Cina, due dei suoi mercati più importanti.
E così, in risposta alla crescente pressione degli Stati Uniti sulla Cina, la società lo scorso anno ha sospeso gli ordini di Huawei, un tempo suo maggior cliente cinese, e si è impegnata a costruire una fabbrica da 12 miliardi di dollari in Arizona che, secondo due fonti del Wsj, l’amministrazione Trump voleva finanziare con 3 miliardi di dollari di incentivi. Finora i finanziamenti non sono stati stanziati.
Sebbene la fabbrica in Arizona contribuirà ad aumentare la produzione di chip sul suolo statunitense, non porterà gli Stati Uniti al vantaggio tecnologico.
C’è poi la questione che riguarda i microcontrollori per auto. Inizialmente la società taiwanese è stata pressata dall’insistenza del settore automotive nel dare priorità ai suoi ordini. Tuttavia quando le case automobilistiche hanno ridotto la produzione, lo scorso anno all’inizio della pandemia da Covid-19, il gruppo ha impegnato la propria capacità altrove. E ora, scommettono gli analisti, Tsmc ha pochi incentivi a riallocare la produzione sull’auto. Questi chip infatti sono meno redditizi e rappresentano solo il 4% del suo fatturato.
Per questo, alla fine del 2020, le case automobilistiche tedesche hanno chiesto un intervento di Berlino su Taiwan perché costretti a licenziare i lavoratori e a tagliare la produzione proprio a causa della carenza di chip. Il ministro dell’Economia tedesco, Peter Altmaier, ha scritto una lettera al governo taiwanese esortandolo a garantire un approvvigionamento e avvertendo che la carenza di chip potrebbe far deragliare la ripresa economica globale.
Altmaier ha recentemente dichiarato che i colloqui stanno continuando senza aggiungere altro.
A maggio Audi ha licenziato circa 10.000 lavoratori a causa dello stop della produzione di alcuni suoi modelli in due stabilimenti. “Quasi tutti i microchip dei nuovi veicoli delle auto, inclusa l’Audi, provengono da Tsmc a Taiwan”, ha detto la casa automobilistica. Il timore degli esperti tuttavia è che la carenza nella catena di approvvigionamento durerà fino al 2022. Con impatti appunto sulla ripresa globale.