Doom Eternal, fatti foste a viver come Slayer

di Dario Marchetti

Nel 2016 Doom era riuscito in un mezzo miracolo: riportare alle radici, e al contempo attualizzare, uno dei videogiochi che nell’immaginario collettivo è tra i più rappresentativi (e temuti). Doom Eternal, il sequel appena uscito, aveva dunque il difficilissimo compito di alzare ancora di più l’asticella, il classico bigger&better che ci si aspetta da un seguito del genere. Un risultato che, dopo aver portato a compimento questa nuova, frenetica, avventura, possiamo dire che è stato raggiunto (quasi) a pieni voti.

Chi si ferma è perduto. Un vecchio detto che nel caso di Doom Eternal va preso come il primo comandamento di ogni ammazzademoni che si rispetti. Perché i livelli sono strutturati in una continua alternanza tra scontri brutali e fasi esplorative, pensata per farci prendere fiato dopo la tensione della pugna. Che ancor più del precedente capitolo si svolge spesso in zone più aperte e zeppe di demoni incazzati. Grazie a una caratterizzazione molto specifica di ogni nemico, con armi più o meno efficaci di altre a seconda del mostro da rispedire all’inferno, ogni combattimento di Doom Eternal assomiglia più che altro a un balletto, una strategia di passi da ridefinire di frame in frame, un linguaggio vero e proprio, che ci insegna a vedere i nemici minori come power up deambulanti. Si perché a seconda di come decideremo di far fuori un misero zombie, ad esempio, otterremo un bonus corrispondente: utilizzando la motosega in dotazione guadagneremo una fontana di munizioni per tutte le armi, mentre dandogli prima fuoco col lanciafiamme, novità di questa edizione, otterremo punti armatura. Ogni uccisione, in generale, ci rifornirà poi di punti salute. Una danza macabra e travolgente che regala adrenalina e dopamina in grandissime dosi, anche grazie alla colonna sonora heavy metal di Mick Gordon, che a differenza di Paganini si ripete eccome.

E se il Doom del 2016 era inevitabilmente una “cover”, spirituale e non solo, di quel primo Doom del 1993 (a partire dall’ambientazione su Marte), anche Eternal come il suo “doppelganger” Doom II (anno 1994) sposta la battaglia soprattutto sulla Terra (insieme ad altre location cosmiche), visto che l’invasione infernale è arrivata anche lì. E gli armamenti non sono da meno, visto che il celebre “Super Shotgun”, o fucile a canne mozze che dir si voglia, torna qui in una nuova veste con tanto di catena uncinata, utile per raggiungere in un sol balzo nemici lontani. Doom Slayer che stavolta è davvero armato fino ai denti, con due tipi di granate (esplosiva e congelante) e nove armi, ognuna con le sue due modalità speciali di fuoco. Armi che anche stavolta potranno essere potenziate via via, con punti guadagnati negli scontri. Così come potremo potenziare l’armatura e sbloccare nuove abilità, con una sequela un po’ disorientante di valute da sbloccare in questo o quel modo. Forse una delle cose meno riuscite di questo sequel, che in qualche caso aggiunge anche lì dove il predecessore aveva trovato un minimalismo perfetto.

“La storia in un gioco è come la trama in un film porno. Ti aspetti che ci sia, ma non è importante”, diceva John Carmack, la mente “tecnica” del trio magico di iD Software insieme a John Romero e Tom Hall. Una frase divenuta leggenda, anche perché i primi Doom avevano sì una grande ambientazione, ma una trama ridotta all’osso. Ma se già l’episodio del 2016 aveva ampliato, e non di poco, la lore di questa saga, con Eternal gli sviluppatori hanno fatto un lavoro certosino con l’obiettivo di dare credibilità ed epicità alle azioni del protagonista. Ecco che allora, soprattutto con tonnellate di “documenti” da leggere man mano che si avanza nella storia, viene fuori un grande dipinto che dal 1993 a oggi tiene insieme di fatto tutti i principali episodi, passando dai toni sci-fi/horror degli inizi per arrivare a quelli da epic/fantasy dell’ultimo arrivato, con una mitologia e colpi di scena di tutto rispetto. Certo, zoppica un po’ il finale, dal sapore frettoloso, e tra le aree oscure c’è ancora quanto accaduto tra Doom e Doom: Eternal, di come lo Slayer sia sfuggito alla prigionia e di come sia entrato in possesso di un castello spazio-temporale. Già. Un vuoto che probabilmente sarà riempito dai due DLC “narrativi” promessi da iD Software in un futuro prossimo.

Sia chiaro, Doom Eternal si prende molto sul serio ma sa anche ridere di se stesso, con easter egg sparse ovunque e momenti così dissacranti da risultare più comici di certe battute raffinate. Un esempio: sparare con un cannone orbitale per fare un buco che arrivi al centro di Marte, nel quale poi farsi lanciare da una catapulta ultrasonica. Ecco. Scompare la funzione SnapMap, che nel predecessore permetteva di creare livelli offline e online, sostituita da una modalità multiplayer asimmetrica che vede due giocatori nel ruolo di demoni combattere contro un altro nei panni dello Slayer: per quanto ci riguarda non è che ci ha fatto proprio impazzire, soprattutto per evidenti squilibri, ma sarà il tempo a determinarne l’eventuale validità. Vale però la pena di segnalare che in tandem ad Eternal è stato pubblicato anche un maestoso remake di Doom64, episodio uscito all’epoca sul Nintendo 64 e che in molti pensano sia un rifacimento del Doom originale. Niente di più sbagliato: Doom64 è di fatto il “vero” Doom 3, con una storia tutta sua che grazie al livello extra inserito dai Night Dive Studios, che si sono occupati di questo rifacimento, ora si collega in maniera chiara e inconfondibile agli inizi del gioco uscito nel 2016. “Rip and tear, until is done”. E pure quando è “done”, un’altra partita ci sta tutta.