Borderlands 3, nello spazio tutti possono sentirti sparare

di Dario Marchetti

 

A qualcuno piacciono le partite frenetiche, online, con le gare all’ultima kill (dico a te, Call of Duty). A qualcuno piacciono le partite frenetiche, offline, con demoni da smembrare in rapida successione (dico a te, Doom Eternal). A qualcun altro invece piace prendersi poco sul serio, mettendo armi assurde in mano a personaggi dalle battute improbabili. Dico a te, Borderlands 3. Che ci hai fatto aspettare sette, dico sette anni, quasi al livello del nuovo disco dei Tool, per poter tornare tra i canyon polverosi di Pandora. Domanda fatidica: ne sarà valsa la pena?

Intanto una cosa è certa. Cioè che non mancano le armi, centinaia e centinaia di armi di ogni tipo, foggia e colore. Che variano per rarità, potenza, danni elementali ma anche per effetti al limite dell’assurdo, come da tradizione. Come i fucili che una volta esauriti i proiettili si trasformano in granate da lanciare al nemico di turno. Oppure in torrette automatiche dotate di gambe per aiutarci in battaglia. In Borderlands, come da tradizione, si spara tanto. Ma non ci sono solo i proiettili. Perchè ognuna delle quattro classi a disposizione, anche questa una tradizione, è dotata di un’abilità unica nel suo genere: l’agente Zane può utilizzare droni e altri gadget, il robot Fl4k comandare pericolose bestie, Moze può fare affidamento su un gigantesco mech armato fino ai denti e Amara, dotata di poteri sovrannaturali.

Borderlands 3 dunque non perde nemmeno un briciolo della sua identità, quella di uno sparattutto con tratti da gioco di ruolo e una passione sfrenata per il loot, cioè il bottino da ottenere sconfiggendo nemici a volontà, completando missioni e passando al setaccio ogni singolo armadietto della galassia. E proprio perché cambierete arma con una frequenza disarmante, con sempre nuovi, inaspettati modelli pronto a sostituire quello in un uso, una delle pecche sta proprio nella gestione dei menu di gioco, che risultano macchinosi e non facilitano il compito nella gestione del nostro arsenale. Graficamente parlando invece il salto rispetto al passato è notevole, con l’ormai iconico stile in cel-shading in grado di esprimersi ai massimi livelli.

Qualcuno dirà anche che Borderlands 3 non inventa davvero nulla di nuovo. Ed è così. Ma in fondo è anche vero che non ne ha bisogno, anzi: ai ragazzi di Gearbox, che hanno sviluppato il gioco, va il plauso per aver gestito con grande intelligenza e coerenza interna i vari episodi di questa saga. Che è famosa per il suo non prendersi sul serio, per le sue battute a raffica e una certa non curanza nel far saltare un po’ tutto per aria. Ma ormai anche per un cast di personaggi amatissimi, che in Borderlands 3 ritornano a farsi vedere dopo essere stati avatar giocabili degli episodi precedenti. Insomma, questo terzo capitolo ufficiale conferma più che mai l’identità della saga, rafforzando sotto ogni punto di vista i suoi pro (così come alcuni contro). E che con un amico collegato online per una partita in multiplayer, è ancora una delle cose più divertenti, caotiche e spensierate da fare con un controller (o tastiera e mouse) tra le mani.

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