di Dario Marchetti
Difficile dire cosa sia Control. Un videogioco? Uno sparatutto incollato a una trama dai risvolti incerti? Un’allucinazione collettiva a mezzo software? Forse più facile definirlo per ciò che non è. Ovvero non un’esperienza qualunque, non il solito tran-tran, non qualcosa capace di lasciare indifferente chi vi si trovi a metterci le mani sopra, dentro, attorno. Volete una dimostrazione? La protagonista Jess entra nell’edificio del Federal Bureau of Control, agenzia americana che si occupa di studio e contenimento di fenomeni paranormali. Agenzia che ha base nella Oldest House, un edificio che teoricamente non dovrebbe esistere, le cui dimensioni interne eccedono di molto quelle esterne e la cui struttura varia in continuazione e senza preavviso alcuno. Siete già storditi? Sentite questa. Arrivata con la scusa di un lavoro di assistente alle pulizie, Jess in realtà è alla ricerca del fratello, rapito anni prima dal Bureau. Per avere il posto dovrebbe sostenere un colloquio col direttore Zachariah Trench, che pochi minuti prima si è tolto la vita con un colpo di pistola. La stessa pistola vivente che Jess malauguratamente prende in mano, diventando così la nuova direttrice dell’FBC. Col compito impervio di respingere l’invasione degli Hiss, un entità proveniente da una realtà parallela e che sta infettando la nostra.
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