di Dario Marchetti
Dieci anni fa il mondo dei videogiochi non era stato ancora invaso dall’ondata del setting post-apocalittico à la Mad Max. C’era Fallout 3, che di desertico aveva poco, c’era Borderlands, con la sua propensione alla goliardia e c’era Rage, che ci sorprese sotto il profilo tecnico ma ci lasciò con l’amaro in bocca sotto altri aspetti. Una montagna che, per certi versi, partorì un topolino. Oggi Rage 2, disponibile su PC, Xbox One e Playstation 4, riprende i fili di quell’avventura ma li rilegge sotto tutte altre lenti. Migliori o peggiori? Ai giocatori l’ardua sentenza, intanto ecco la nostra versione.
Quasi dieci anni dopo a molti risulterà difficile ricordare quale fosse la premessa narrativa del primo Rage. E forse va bene così, perché dopo la breve intro il sequel ci catapulta subito nell’azione dura e pura, lasciando al resto del gioco il compito di ricollegare le sinapsi. Da subito si capisce che tono e mood sono molto più scanzonati, con una tendenza alla battutina facile e allo splatter caciarone. E non è un caso, perché il co-sviluppatore di questo gioco è Avalanche Studios, di cui vi abbiamo già raccontato per l’esplosiva serie Just Cause ma anche, guarda un po’, per il gioco ufficiale di Mad Max.
In termini di gameplay Rage 2 non delude, perché lo spara-spara è stato curato da iD Software (vi dicono niente Wolfenstein, Doom e Quake?) e il feeling degli scontri a fuoco è sublime. Come tanti altri giochi della sua categoria c’è una grossa mappa divisa in zone (e biomi), ricca di attività da completare per guadagnare risorse, abilità e soprattutto il favore dei tre alleati che ci aiuteranno a mettere in piedi l’assalto alla base del cattivone finale. Ricca, dicevamo, ma non troppo. E menomale, perché di mappe strapiene di segnalini non ne possiamo praticamente più. Così Rage 2 evita l’effetto ripetitività eccessiva, che pure esiste: le attività consistono nel liberare un fortino dalla presenza nemica, sgomberare un covo dai mutanti, porre fine alla vita di pesanti colossi mutati dalle radiazioni, distruggere sentinelle robotiche e così via. E tutto fila liscio come l’olio, anche grazie ai poteri di cui è dotato il protagonista, che presto o tardi ci faranno sentire come un Superman delle terre desolate, in grado di correre, saltare e atterrare con un pugno in grado di lanciare i nemici a metri di distanza.
Buona parte del gioco si passa a bordo di un veicolo, la nostra fidata auto corazzata modello Phoenix, dotata anche di armi per un bel po’ di sana guerra su strada. A tal proposito risultano divertenti (anche se tutti uguali tra loro) i convogli madmaxiani, caravane motorizzate da sfoltire veicolo dopo veicolo fino ad arrivare al capobanda dotato di tir blindato. Tra i punti deboli ci sono il comparto grafico, chiaramente alleggerito per evitare caricamenti, visto che a parte quello pre-partita Rage 2 non ci metterà mai in attesa. E, strano a dirsi, quello dei menu, che nella nostra prova su PS4 Pro sono risultati lenti e confusionari da navigare.
In termini narrativi Rage 2 non vuole costringerci ad ascoltare lunghi dialoghi, e molte informazioni sono sparse nei datapad da ritrovare in giro per la mappa. Una soluzione che permette di scoperchiare il vaso della storia solo se lo si desidera. Ma agli aficionados farà piacere ritrovare molti personaggi e luoghi del passato, sparsi un po’ qua e là, così come le decine di easter eggs e riferimenti ad altri giochi iD/Bethesda. Di Rage 2 abbiamo amato il tono scanzonato e autoironico, l’assoluta incapacità di prenderci sul serio e la leggera concretezza del gameplay. La sensazione però è che gli sviluppatori, a un certo punto, abbiano dovuto inserire la quinta e portare frettolosamente a termine certi ambiti, più che altro narrativi. Il finale, però, lascia indubbiamente spazio a un sequel che aspettiamo a braccia aperte e speriamo arrivi ben prima di questo. Nell’epoca degli opposti e della polarizzazione, dove tutto fa schifo oppure è un capolavoro, Rage 2 occupa uno spazio mediano, quello dei giochi belli e basta, che forse non ci ricorderemo nei libri di storia ma che da sempre ci accompagnano e ci divertono forse più di certi capolavori annunciati. In medio stat virtus, ora non vorrete mica sconfessare la saggezza degli antichi?