Travis Strikes Again, quel bizzarro sentiero verso No More Heroes 3

di Dario Marchetti

I generi videoludici sono un po’ come quelli musicali. E se ogni band ha il suo stile, lo stesso vale per i game designer. E non ci sono dubbi che il più punk in circolazione sia Goichi Suda, in arte Suda 51, che ormai da vent’anni sforna videogiochi contraddistinti da un affinato senso per il nonsense, personaggi tarantiniani rimasticati dalla cultura nipponica e una sfrenata tendenza verso la rottura della quarta parete. Tra i titoli più celebri ci sono The Silver Case, il capolavorico Killer7 e la fortunata saga di No More Heroes, partita nel 2008 su Wii e rimasta, eccezion fatta per un remaster, su console Nintendo. E visto che sono passati quasi dieci anni da No More Heroes 2, Suda ha ben pensato di coccolare i fan con Travis Strikes Again, appena uscito in esclusiva su Switch.

Fenomenologia del pre-sequel

Con la sua produzione a basso costo, Travis Strikes Again si posiziona come un rapido antipasto a quello che, si spera, sarà poi No More Heroes 3. Non per questo però va sottovalutato, anzi. Perché la trama riprende lì dove si era interrotto l’episodio due, col protagonista Travis Touchdown che si è ritirato a vita privata in una roulotte, nel Texas, per fuggire dalla sua vecchia vita come assassino numero uno al mondo. Almeno fin quando Badman, violento padre di Badgirl (sconfitta da Travis in passato), non lo raggiunge per vendicare la morte della figlia. I due però finiscono intrappolati nella Death Drive MKII, una console mai messa in vendita perché in grado di far entrare, letteralmente, le persone all’interno del mondo di gioco. E siamo già al primo di uno dei tanti riferimenti meta-videoludici. Visto che ognuno dei livelli di Travis Strikes Again non è altro che uno dei 7 giochi rilasciati per questa diabolica macchina.

Poco, ma buono

Il budget di TSA, come dicevamo, è abbastanza risicato. E lo si vede nel riutilizzo costante di asset, nemici diversi tra loro a volte solo per colore e in generale un comparto grafico non certo miracoloso. C’è però da dire che tutti i giochi di Suda 51 si sono misurati con difficoltà simili, riuscendo sempre a superarle grazie alla forza dei contenuti: Killer 7 e lo stesso primo No More Heroes sono esempi di come con poco si possa in realtà fare molto, anzi, moltissimo. Qui il gioco adotta le meccaniche di un hack’n’slash con visuale dall’alto, corredato da attacchi leggeri e pesanti, schivate, poteri speciali personalizzabili. Con la possibilità di giocare anche in due con un Joy-Con a testa, vestendo anche i panni di Badman. Dicevamo ogni livello è in realtà una “deathball”, una cartuccia da videogioco a forma di sfera nella quale Travis e Badman dovranno entrare per affrontare il relativo boss. Chi lo farà per primo potrà vedere esaudito il più recondito dei suoi desideri. E a ogni sfera corrisponde più o meno un genere, anche se in alcuni casi a cambiare è solamente la prospettiva, la visuale, mentre l’ossatura del gameplay rimane la stessa. Il che, inevitabilmente, rischia di portare rapidamente all’effetto monotonia.

Suda Factor

Ma, c’è un ma. Perché stiamo parlando di Suda 51, uno degli autori giapponesi più influenti degli ultimi vent’anni, e allora a leggere Travis Strikes Again come qualsiasi altro gioco si rischia di fare un errore. Perché i titoli del punk giapponese in realtà hanno quasi sempre un po’ sofferto proprio sul lato del gameplay, bilanciati dalla deliziosa assurdità di dialoghi, personaggi e ambientazioni. In questo tritacarne poligonale Suda ci butta praticamente di tutto, da Star Wars a Tarantino, da Dragon Ball alla nostalgia per gli anni ‘80, le luci al neon e le citazioni da nerd incalliti, le sfide Sega-Nintendo e le meta-critiche all’industria videoludica di oggi. Le parti narrative del gioco poi, quelle nelle quali Travis gira per il mondo alla ricerca delle “deathball”, sono elaborate come schermate di dialogo in stile retrò, scritte verdi su sfondo nero: scelta risparmiosa a causa del budget o perfido tentativo di pungolare il giocatore? Con questo folle punk al volante, difficile dirlo. Travis Strikes Again è al contempo celebrazione della figura del videogiocatore e un dispensario del Suda-pensiero, affidato ad ermetici messaggi enunciati da bug nel codice, messaggi che passano dai consigli sui migliori dolci da consumare insieme al té alle massime sull’amicizia, l’amore e la vita in generale. E’ tutto bizzarro, siamo d’accordo, e non sempre funziona come dovrebbe, ma Travis Strikes Again vale un tuffo nel suo piccolo mondo retro-antico. Se non altro per arrivare alla fine e capire, senza fare spoiler, che la strada verso No More Heroes 3 è già segnata. Nell’attesa, tenete ben carica la vostra beam katana.

 

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