Super Smash Bros. Ultimate, più Nintendo di così si muore

 

di Dario Marchetti

A pensarci ora, a vent’anni tondi tondi di distanza, l’idea che Nintendo avesse dato il benestare a un gioco che vedeva le sue mascotte darsela di santa ragione suona ancora folle. Eppure dal gennaio del 1999 a oggi, la serie di Super Smash Bros. ha finito per incarnare un oggetto di culto, un perfetto gioco da multiplayer sul divano, un veicolo di puro fanservice e una disciplina eSport di tutto rispetto. Dopo i successi di Brawl e Melee, usciti rispettivamente su GameCube e Wii, e il mezzo passo falso del capitolo per Wii U e 3DS, il nuovo capitolo Ultimate su Switch promette di essere, nomen omen, l’esperienza definitiva. Oggi come allora a garantire la qualità del tutto c’è Masahiro Sakurai, deus ex machina di questo franchise ma anche creatore di un certo Kirby.

Al di là dei numeri strabilianti, di cui parleremo tra poco, l’essenza di Smash Bros. devia da quella dei classici picchiaduro, con barre di energia e sequenze di comandi da memorizzare per ogni lottatore. L’obiettivo, infatti, è quello di scagliare gli avversari fuori dallo schermo, una volta indeboliti a colpi di mazzate e mosse speciali. Più è alta la percentuale sotto il nome di un personaggio, più sarà facile spedirli verso il cosmo ed eliminarli dai giochi. Per il resto i comandi sono pochi, semplici da memorizzare e uguali per tutti i combattenti, ognuno ovviamente dotato delle proprie specifiche tecniche di battaglia. Il gameplay, senza scendere nei possibili tecnicismi da veri campioni, è contraddistinto da un immediatezza e una precisione nei controlli che, anche sui due Joy-Con di Switch, risultano perfetti.

Ma Smash Bros., e in particolare Ultimate, è anche una celebrazione del mondo Nintendo, un’enciclopedia sottoforma di gioco che contiene vita, morte e miracoli dei suoi titoli, anche quelli più oscuri e meno conosciuti. La mole di contenuto è talmente vasta che c’è da chiedersi cosa riusciranno a inventarsi per il prossimo episodio. A questo giro ci sono 74 lottatori (senza considerare quelli che arriveranno via DLC), cento e rotte arene di combattimento e altre decine, decine e decine di riferimenti e citazioni sparsi qui e là, ingegnosamente tessuti dentro World of Light, la (riuscitissima) modalità storia di questo capitolo che vede Kirby come unico sopravvissuto di un’apocalisse causata dal misterioso Galeem. Battaglia dopo battaglia, muovendosi su una mappa ricca di snodi, si andranno a recuperare decine di Spiriti, identificati da personaggi e oggetti da collezionare per far crescere e potenziare il nostro personaggio, e a sbloccare nuovi combattenti da utilizzare anche nelle altre modalità.

 

Che sono tante, sia offline che online, da giocatore singolo o da party sul divano, con al centro l’immancabile possibilità di personalizzare in maniera granulare le regole e le opzioni di un match, dando vita a un gioco nel gioco, uno strumento che di volta in volta trasforma Smash Bros. nel titolo che ognuno di noi desidera. E se si pensa che nel primo capitolo l’espediente narrativo, il canovaccio che andava a giustificare il tutto, era quello di statuette giocattolo che prendono vita (qualcuno ha detto Toy Story?!), in questi vent’anni nulla o poco è cambiato. Qualcuno è diventato più vecchio, qualcun altro meno giovane, ma tutti siamo rimasti fondamentalmente dei bambini dentro, impegnati a immaginare scontri strabilianti tra i nostri personaggi preferiti.

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