Playstation Classic, il ritorno di Sony alle origini del mito

 

di Dario Marchetti

La nostalgia, signora mia, tira più di un carro di buoi. Lo dimostra l’eterno ritorno dei bei tempi che furono, tra remake di ogni genere che fanno furore al cinema, in tv e in campo videoludico. Ultimo, ma non meno importante, il trend (Come parla? Le parole sono importanti!) delle mini-console avviato su larga scala da Nintendo, con piccole riproduzioni di NES e SNES da agganciare ai moderni televisori per rivivere le vecchie glorie a 8 e 16 bit. Un filone nel quale entra di diritto anche Sony, che in questo 24esimo compleanno ha scelto di omaggiare la primissima Playstation con una riedizione chiamata Classic.

Nel minuscolo formato di 15×10 centimetri, la Classic ha lo stesso feel minimale dell’originale, con quel grigio che all’epoca era il colore principe nel mondo dell’informatica e dell’elettronica. La cura riposta da Sony nel realizzare quest’oggetto è al limite del maniacale, sia nei materiali che nei tanti piccoli dettagli, dalle scanalature laterali ai tasti sulla parte superiore, passando per i due controller inclusi, riproduzioni un po’ più leggere degli originali ma di qualità identica, seppur prive delle levette analogiche che fecero (e fanno) la fortuna del Dualshock. Un’assenza probabilmente dettata da logiche di costi di produzione e che, insieme ad altri fattori, ha sicuramente influito sul parco giochi presente a bordo. Ma dicevamo dell’hardware: i tre pulsanti della console sono tutti e tre funzionanti, seppur con funzioni in alcuni casi diverse dal passato. Power, come è facile immaginare, accende e spegne la macchina; reset “congela” la partita del gioco attuale e ci fa tornare al menu iniziale; open, originariamente dedicato all’apertura del vano disco, qui fa da tasto “virtuale” nei giochi che all’epoca erano composti da più di un cd. Inclusa nella confezione c’è anche il cavo HDMI, manca solo un adattatore da usb a presa elettrica (va bene anche quello di un telefono Android, basta che sia da 5V) per l’alimentazione.

Veniamo ora al capitolo software. Premere il pulsante d’avvio e riascoltare quel sintetizzatore leggendario a ben più di un decennio di distanza ci ha fatto scendere la proverbiale lacrimuccia. Il menù è semplice e permette di scorrere, ruotando, tra i 20 giochi pre-caricati sulla console. E proprio qui casca l’asino virtuale, perché la lista dei giochi, e la loro resa a schermo, sono il punto debole di Playstation Classic. Da un lato perché, è un dato di fatto, i poligoni di fine anni novanta sono invecchiati molto peggio dei cari vecchi pixel bidimensionali. E dall’altro perché il meccanismo dei diritti ha avuto pesanti effetti sulla scelte di Sony: alcuni pezzi forti dell’era Playstation, vedi Crash Bandicoot, Spyro, Medievil, Castlevania e così via, sono stati di recente oggetto di riedizioni e/o remaster, escludendoli di fatto dalla collezione. Tranquilli: non mancano le colonne portanti come Metal Gear Solid, Final Fantasy VII, Twisted Metal, Tekken 3, Resident Evil, Grand Theft Auto e Oddworld. Peccato però che alcuni giochi come Parasite Eve, Armored Core e Arc The Lad siano esclusive dell’edizione asiatica.

Insomma, Playstation Classic soffre un po’ l’assenza di certe mascotte, e forse sarebbe stato più saggio da parte di Sony rinviare di un anno il rilascio (facendolo uscire così nel 25esimo anniversario) per cercare di strappare qualche titolo in più. Liste a parte, si tratta di un oggetto di culto realizzato in maniera certosina, con un prezzo più alto rispetto alla concorrenza (siamo sui 100 euro) ma che per il Natale 2018 sarà senza dubbio una delle idee regalo più cool in circolazione. E nulla vieta, visto che in fondo si tratta di un emulatore, di convincere Sony a rilasciare qualche aggiornamento o espansione per aggiungere ex-post quei titoli che noi nostalgici non vediamo l’ora di rigiocare.

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