di Dario Marchetti
Gli amici lo chiamano “Blue Bomber”, ma vi assicuro che il calcio non c’entra un bel nulla. Parliamo infatti di Mega Man, il robottino blu più famoso dei videogiochi, partorito ormai trent’anni fa dal genio visionario di Keiji Inafune. In tre decenni questa saga ha conquistato milioni di videogiocatori con il suo altissimo livello di sfida, declinato in diverse salse a seconda dei tempi, con tutti gli alti e bassi del caso. E Mega Man 11, appena uscito su PC e console, non è dunque solo un regalo per i trent’anni del pargolo di casa Capcom, ma anche un ritorno ai fasti del passato. Calati, per la prima volta (se si escludono le saghe parallele a quella principale), in un contesto poligonale. Che dunque abbandona i pixelloni tanto amati dai puristi della serie, sostituiti da uno stile 3D (ma su binari bidimensionali) azzeccato come non mai.
Mega Man 11 riesce con poche mosse a modernizzare una vecchia formula, senza snaturarla eccessivamente. Come da manuale, anche qui ci sono nove livelli da affrontare nell’ordine che si preferisce, ognuno col suo carismatico boss robotico. Che, una volta, sconfitto, cederà a Mega Man il suo speciale potere, particolarmente efficace contro uno degli altri cattivoni di fine livello. A non essere cambiata è la difficoltà dei livelli, che concedono pochi errori e costringono a una paziente memorizzazione degli ostacoli, pena l’essere sconfitti a ripetizione. Anche perché i checkpoint sono pochi e le vite limitate, e una volta arrivati a zero si ricomincia tutto da capo.
Per cercare di mitigare la frustrazione, Capcom ha introdotto il cosidetto “double gear”: premendo i due tasti dorsali, sarà possibile attivare due potenziamenti, una che conferisce a Mega Man una maggiore potenza di fuoco, l’altra in grado di rallentare lo scorrere del tempo. Se utilizzate a sbafo, il nostro robotico eroe subirà un guasto temporaneo e il depotenziamento dell’arma. In casi disperati, i due potenziamenti possono anche essere utilizzati insieme per sopravvivere a scontri particolarmente impegnativi. Sento già le proteste dei puristi di turno, ai quali rispondiamo che sistemi del genere sono interamente opzionali: chi vuole fare il duro può affrontare l’intero gioco senza attivarli nemmeno una volta. Accanto a questo, sempre per dare una mano ai non veterani, con le vite raccolte lungo i livelli si potranno comprare vite aggiuntive, ricariche della barra di energia e così via.
Mega Man 11 insomma è severo ma giusto, tanto per sfruttare un adagio contemporaneo che va tanto di moda. E offre a tutti, esperti e novellini, gli strumenti per godersi questo gran bel gioco senza dare testate nel muro. L’unico vero dispiacere è che questo capitolo pesa come un macigno sulle spalle proprio di Keiji Inafune, paparino del “blue bomber”, che dopo la rottura con Capcom si era affidato al crowdfunding per realizzare Mighty No.9, praticamente identico a Mega Man, ma con un altro nome e uno stile grafico in 3D. Peccato che dopo 3 anni di sviluppo il gioco si sia rivelato una colossale delusione. Fortuna che c’è questa nuova avventura a lenire le nostre ferite: lunga vita a Mega Man.