Minit, fuori in sessanta secondi

di Dario Marchetti

L’evoluzione dei videogiochi è sempre stata prima di tutto un’evoluzione tecnica, con il comparto grafico, via via sempre più fotorealistico, a fare da indicatore dello stato dell’arte. Ma c’è una seconda traccia di lettura, una strada parallela, che ha a che fare con le possibilità e gli espedienti narrativi del mezzo. Una traccia ri-scoperta in tempi recenti grazie all’ondata dei cosiddetti “indie”, un termine ormai abusato, che con il ritorno alla semplicità degli 8 e 16 bit ci ha, volenti o nolenti, riportato ai minimi termini del mezzo. E visto che gli stenti aguzzano l’ingegno, spesso proprio da questo mondo sono spuntate fuori idee geniali.

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Intermundia Genesis, quando il reale incontra il virtuale

 

di Dario Marchetti

Scrivere un libro sui videogiochi è cosa abbastanza facile. Basta entrare in una qualsiasi libreria per trovare interi scaffali zeppi di volumi che espandono le storie degli universi videoludici di Halo, Assassin’s Creed, Gears of War e tanti altri. Ma scrivere un libro che faccia vivere al lettore le dinamiche di un videogioco, raccontando insieme il mondo virtuale e quello reale, con regole diverse ma spesso simili, è tutt’altra cosa. L’esperimento più celebre, grazie anche al recente film di Steven Spielberg, è quel Ready Player One di Ernest Cline, praticamente un’overdose di nerd power e nostalgia anni ‘80. Temi che oggi vanno di grande moda ma che nel 2010, quando il libro uscì, erano molto più di nicchia. Nello stesso filone, anche se con presupposti molto diversi, si inserisce Intermundia Genesis, primo libro di una trilogia scritta da Giorgio Catania, videogiocatore accanito e giornalista, che oggi lavora in Aesvi, dove si occupa dei rapporti con gli sviluppatori nostrani.

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Onrush, questo non è un gioco di corse (anche se lo sembra)

 

di Dario Marchetti

Arrivare alla linea del traguardo prima degli altri. O magari segnare il miglior tempo del tracciato. A conti fatti sono queste le grandi, inevitabili, ossessioni dei videogiochi di corse. Che tranne le dovute e notevoli eccezioni, sono rimasti quasi sempre ancorati ai più classici degli obiettivi. E forse, dopo quasi quarant’anni di giochi di guida (dalla F1 al Rally, passando per le Micro Machines), la cosa era venuta a noia anche a quei geni di Codemasters, che per sparigliare le carte in tavola si sono inventati Onrush, che più che a un simulatore di corse assomiglia a uno sparatutto online. E riesce persino ad essere dannatamente divertente.

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